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    Home»Approfondimenti»Studenti sempre più ansiosi e depressi, anche l’università ha le sue colpe
    Approfondimenti

    Studenti sempre più ansiosi e depressi, anche l’università ha le sue colpe

    Molti ragazzi riscoprono nell'ambiente universitario un luogo di estrema competitività che li rende spesso paralizzanti e li mette a duro confronto con la società. L'ansia da prestazione universitaria è diventata la peggior nemica dei giovani
    Giuliana PrestiBy Giuliana Presti20 Marzo 2023Nessun commento6 Mins Read
    ansia e depressione
    Foto | pixabay @pdpics

    Sono sempre di più i giovani che soffrono di ansia e depressione. È quanto è emerso da diversi studi che hanno voluto fare luce sui motivi che spingono tantissimi ragazzi e soprattutto studenti universitari a compiere gesti estremi, arrivando addirittura a togliersi la vita o comunque provandoci, rinunciando così a tutto quello che evidentemente aveva costituito per loro soltanto un ostacolo insuperabile. Pare che l’aumento di disturbi come depressione e ansia e del sintomo correlato degli attacchi di panico avvertito negli ultimi anni sia dovuto principalmente alla situazione pandemica vissuta e soprattutto al lockdown che due anni fa ha scombussolato la tranquillità di molte persone, costringendole a rimodulare tanti aspetti della propria vita e quotidianità.

    Depressione tra giovani
    Foto | pixabay @mprietou

    Le università devono garantire servizi di supporto

    Incertezze, insicurezze, bisogno di dover dimostrare di poter affrontare qualsiasi avversità e difficoltà e di saper raggiungere gli obiettivi della “vita” come tutti. Come se non esistesse più un’individualità che potesse salvaguardarci e renderci unici. Il rischio che si corre, quando si è, o si diventa molto fragili, è proprio quello di omologarci alla società, con cui dover competere a tutti i costi e di non poter mai lasciar trasparire il bisogno di aiuto o di rallentare la corsa.

    Ciò che appare completamente dimenticato agli occhi di alcuni giovani studenti è che il percorso universitario non è una tappa imprescindibile, ma una scelta, personale, motivata e voluta. A volte può essere difficile prendere in considerazione la possibilità di fare un passo indietro, magari per paura di deludere i genitori o per via di pressioni sociali sempre più forti, ma bisogna sempre tenere a mente che protrarre una situazione di sofferenza e disagio psichico solo per non essere da meno di un certo standard non porta mai a nulla di buono. In alcuni casi, rinunciare all’università o provare a cambiare percorso di studi potrebbe essere l’unico modo per salvare se stessi dal baratro.

    I casi di suicidio tra giovani universitari italiani che siamo stati costretti ad ascoltare negli ultimi anni sono davvero tanti e a tal proposito si sta cercando, tra coetanei, organizzazioni studentesche e con l’aiuto di rettori e varie associazioni, di sensibilizzare a tutti i costi su questo argomento, integrando supporti e servizi indispensabili diretti a tutti gli studenti. Dopo il suicidio di uno studente di economia dell’università di Palermo, il rettore ha voluto affrontare il delicato discorso, affermando che per quanto possa essere difficile cogliere sul nascere i segnali di disagio di 50mila ragazzi, l’Ateneo è in campo, e ha incrementato i punti d’ascolto e di supporto psicologico agli studenti e garantito un nuovo sportello attivo dal lunedì al venerdì. Come lui, tanti altri rettori e rappresentanti hanno voluto dimostrare di essere sensibili a questa realtà, attivandosi concretamente e mettendo a disposizione servizi importanti.

    Molte volte gli aiuti non sono però sufficienti: “Sono lo studente che si è tolto la vita in collegio, non sono riuscito a cambiare nulla. L’Edisu (l’ente per il diritto allo studio universitario) ha cercato di aiutarmi e gliene sono molto grato ma non è solo una questione economica ma anche di (in)giustizia“, aveva scritto uno studente di trent’anni al terzo anno prima di suicidarsi.

    Il confronto costante ed estenuante con la società

    L’università, come ogni luogo di formazione e crescita personale dovrebbe essere avvertito come uno spazio che accoglie senza pregiudizi o particolari distinzioni e dove poter imparare a vivere utilizzando le risorse che già possediamo. Dovrebbe essere un posto assolutamente positivo in cui sentirsi grati e stimolati. Quando tutto questo non succede, molto probabilmente le cose sono due: o non è il posto per noi, oppure dovremmo chiedere, senza alcuna vergogna o timore, aiuto, o meglio supporto e vicinanza.

    Il percorso universitario potrebbe trasformarsi da una bella esperienza a una corsa estenuante in cui dover garantire, obbligatoriamente, di essere al pari degli altri. Questo succede perché fare il confronto con gli altri è diventato un gesto e un’abitudine ormai radicalizzata della nostra società, e lo facciamo costantemente con i social e con la condivisione dei nostri momenti e dei nostri traguardi. Quasi mai tendiamo a rendere partecipe qualcun altro di un nostro momento di difficoltà o tristezza, ma lo facciamo soltanto quando i nostri contenuti possono rappresentare per noi un vanto, una cosa di cui andar fieri. Tutto questo crea aspettative, ambizioni, invidia e bisogno di non essere meno dell’altro.

    Ansia
    Immagine | pixabay @mohamed_hassan

    La prima cosa che si tende a fare quando ci si sente indietro rispetto ai nostri colleghi di studio è mentire sul proprio percorso. Più di 1 ragazzo su 3 (il 35%) ammette, infatti, di aver mentito almeno una volta sull’andamento del proprio percorso verso la laurea: il 18%, lo ha fatto più di una volta, il 17% sempre.

    Uno studio condotto presso l’Università di Stanford ha dimostrato che gli studenti universitari sperimentano un aumento dell’ansia da esami durante i periodi di appello, con livelli di ansia che aumentano progressivamente all’avvicinarsi della data d’esame. I sintomi possono essere insonnia, mal di testa, irritabilità e disturbi dell’alimentazione. Alla Bicocca si sono registrate 680 richieste di aiuto in tutto il 2022.

    Uno studio del Dipartimento di Scienze Biomediche di Humanitas University, insieme al Centro per i Disturbi d’Ansia e di Panico di Humanitas San Pio X ha confermato l’impatto negativo della pandemia sul benessere psicologico. Il 16% e il 18% dei partecipanti hanno sviluppato, rispettivamente nella prima e seconda ondata, dei disturbi depressivi (8%) e ansiosi (11%). I dati dicono pure che la popolazione che ha sviluppato un disturbo mentale è più giovane di circa 8-10 anni rispetto a quella di chi non ha sentito particolari conseguenze.

    Un altro studio interessante sul peggioramento della salute mentale ha evidenziato degli aspetti particolari sui fattori che influenzano il benessere degli studenti universitari.

    Ciò che è fondamentale per ridurre ansia e depressione, secondo gli esperti, è prima di tutto rivolgersi subito a dei professionisti, l’incoraggiamento all’attività fisica (ottimo alleato per il benessere mentale), e uno stile di vita equilibrato e salutare, oltre che alla riduzione dell’utilizzo di apparecchi tecnologici e in particolare dei social network.

    Ansia Ansia universitaria Attacchi di panico
    Giuliana Presti
    Giuliana Presti

    Laureata in Giornalismo e Cultura Editoriale presso l'Università di Parma. Scrivo di cinema, cultura e attualità e amo la fotografia e la buona musica.

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