Escherichia Coli, cos’è e che impatto può avere sull’organismo

L’Escherichia coli è un batterio molto diffuso, ma non sempre “pericoloso” per l’uomo. Nella maggior parte dei casi, questo microbo vive in simbiosi, senza causare danni, talvolta contribuendo alle funzioni fisiologiche dell’organismo ospite. Esistono, tuttavia, alcune varianti di E. coli che possiedono una patogenicità tale da poter provocare malattie anche molto gravi, come enteriti, colite emorragica, infezioni urinarie, meningite e setticemia. I disturbi più comuni associati al carattere patogeno di E. coli si manifestano a livello intestinale, dove la colonizzazione tipicamente induce diarrea e dolori addominali crampiformi.

Tutto quello che bisogna sapere a proposito dell’Escherichia coli

L’E. coli (abbreviazione di Escherichia coli) è un microorganismo appartenente agli enterobatteri (famiglia Enterobacteriaceae), così chiamati poiché trovano il loro habitat ideale nell’intestino dell’uomo e di vari altri animali. Oltre a essere un ospite abituale del tratto enterico, l’Escherichia coli è diffuso nell’ambiente e si può trovare negli alimenti.

In realtà, esistono molti “ceppi” di E. coli. Nella maggior parte dei casi, questi batteri sono commensali, quindi INNOCUI (come, ad esempio, quando partecipano alle funzioni della flora batterica dell’intestino). Altre volte, gli E. coli possono comportarsi da patogeni, cioè acquisiscono un carattere “aggressivo”, al punto da indurre malattia.

L’E. coli è un batterio Gram-negativo, cioè negativo alla colorazione di Gram (test relativamente veloce utilizzato per rilevare la presenza ed identificare grossolanamente i batteri).

Batteri di Escherichia coli
Immagine | Pixabay @ArturPlawgo – Saluteweb.it

È un batterio asporigeno e presenta una forma a bacillo, cioè allungata (dimensioni medie: 1-2 µm). Su tutta la superficie del batterio sono distribuiti:

Flagelli: sono utilizzati da E. coli per muoversi;

Pili o fimbrie: sottili filamenti che si proiettano dalla parete di E. coli, permettendogli di ancorarsi alle cellule dell’ospite e di comunicare con altri batteri.

La temperatura ottimale per la sua sopravvivenza è di 35-40 gradi centigradi. Per questo motivo, E. coli vive facilmente nell’intestino dell’uomo, contribuendo alla formazione della flora batterica.

L’E. coli possiede un metabolismo aerobio facoltativo, cioè può crescere sia in presenza che in assenza di ossigeno. Inoltre, questo batterio è in grado di svolgere reazioni di fermentazione utilizzando il lattosio, uno zucchero disaccaride. Quest’ultima particolare proprietà viene sfruttata nella diagnosi microbiologica, cioè per distinguere, in un terreno di coltura, le colonie di Escherichia coli (capaci di fermentare il lattosio) da quelle di altri batteri che non effettuano tale reazione, come Salmonella e Shigella.

La patogenicità di E. coli è determinata da:

Tossine: a seconda della tipologia di E. coli in causa, possono avere natura chimica differente. Alcune di queste tossine agiscono sulla mucosa intestinale, infiammandola e provocando la comparsa di scariche diarroiche; altre, le tossine Shiga-like (SLT o tossine Vero), bloccano la sintesi proteica e causano la morte della cellula enterica; altre ancora producono effetti simili a quelli prodotti dalla tossina colerica (Vibrio cholerae), stimolando la secrezione di acqua ed elettroliti al di fuori delle cellule.

Adesine: alcuni E. coli risultano patogeni a causa di particolari molecole proteiche (chiamate adesine) presenti sulle strutture filiformi che sporgono dalla superficie cellulare (pili e fimbrie), mediante le quali aderiscono alle mucose intestinali o urogenitali dell’ospite.

Per quanto riguarda l’invasività, questo batterio è dotato di una capacità invasiva elevata, cioè riesce a insediarsi nell’ospite molto profondamente. Alcuni batteri colonizzano le pareti dell’intestino, altri riescono a penetrarla ed altri ancora riescono a passare dall’intestino al flusso sanguigno.

Da quanto si può dedurre da questo identikit, E. coli è uno dei microrganismi più versatili esistenti in natura.

I meccanismi alla base delle infezioni del tratto intestinale sono diversi e dipendono fondamentalmente da quali tipologie di E. coli sono coinvolte.

Alcuni E. coli patogeni, ad esempio, sono enteroinvasivi (conosciuti anche con la sigla EIEC), quindi sono in grado di invadere la mucosa dell’intestino (crasso), causando lesioni infiammatorie e danno tissutale; la conseguenza della loro infezione sono enteriti ed alcune forme di dissenteria sanguinolenta;

Altri E. coli sono tossigenici, cioè produttori di enterotossine (ETEC) che agiscono sulla mucosa dell’intestino (tenue), provocando la comparsa di scariche diarroiche acquose. A livello mondiale, i ceppi enterotossigeni costituiscono la più frequente causa di diarrea batterica e, nei Paesi in via di sviluppo, sono i principali responsabili della cosiddetta “diarrea del viaggiatore”, che si può contrarre attraverso acqua ed alimenti contaminati.

Oltre agli Escherichia coli enterotossigeni (ETEC) ed a quelli enteroinvasivi (EIEC), tra i diversi ceppi associati a patologie intestinali vanno menzionati anche:

  1. coli enteropatogeni (EPEC): agiscono modificando e distruggendo i microvilli delle cellule dell’intestino tenue; gli EPEC sono spesso implicati nella diarrea infantile e, come gli ETEC, possono provocare la diarrea del viaggiatore;
  2. coli enteroaderenti (EAEC): hanno una peculiare capacità di aderire, in maniera pressoché indissolubile ed irreversibile, alle pareti dell’intestino. Gli EAEC sono responsabili di diarrea acquosa dei bambini nei Paesi in via di sviluppo e nei viaggiatori.
  3. coli enteroemorragici (EHEC): possiedono un’elevata patogenicità. La loro proliferazione ed il conseguente rilascio di tossine (Shiga-like) provoca colite emorragica (quindi feci liquide frammiste a sangue) associata a severi crampi addominali e possibili complicanze extraintestinali, anche gravi. Nel 5% dei casi, l’infezione enteroemorragica può degenerare in una forma molto grave di insufficienza renale, nota come sindrome emolitica uremica (HUS o SEU).

Gli E. coli uropatogeni (UPEC) sono una delle principali cause di infezioni del tratto urinario (UTI).

Le UTI provocate dall’Escherichia sono generalmente endogene ed ascendenti, cioè derivano da batteri che costituiscono la normale flora microbica del colon del paziente.

La patogenicità di questa specifica tipologia di E. coli deriva dalla produzione di emolisina e dalla presenza di adesine, localizzate all’estremità distale delle fimbrie P (mannosio-resistenti). Questi fattori di aderenza sono necessari all’inizio del processo infettivo e permettono al batterio di ancorarsi alla membrana delle cellule uroepiteliali.

Grazie a questa sorta di tentacoli muniti di ventose, gli E. coli uropatogeni possono risalire le vie urinarie e provocare:

Uretrite;

Cistite;

Prostatite;

Pielonefrite.

Le infezioni urinarie sostenute da E. coli sono più comuni nella donna, per le caratteristiche anatomiche sfavorevoli (uretra corta e meato urinario più vicino alla regione anale) e per l’assenza dell’attività battericida delle secrezioni prostatiche.

Se da qualsiasi distretto corporeo, E. coli raggiunge il circolo ematico, può determinare l’insorgenza della setticemia. Cause comuni di questa complicanza sono le scarse misure igieniche nel posizionamento di cateteri o di accessi venosi centrali, le infezioni urinarie o gastroenteriche, i traumi intestinali, i tumori del colon e del tenue.

E. coli è anche responsabile di infezioni extraintestinali, come:

Infezioni biliari;

Ascessi (in sede di ferite chirurgiche, arti ischemici ecc.);

Meningite;

Polmonite;

Peritonite.

Le infezioni da E. coli possono verificarsi in diverse circostanze:

  1. Quando il microrganismo colonizza siti corporei dell’ospite diversi da quelli in cui normalmente è presente, come nel passaggio dall’intestino al tratto urinario.
  2. Attraverso il contatto diretto o indiretto dell’uomo con ceppi batterici tipici della flora batterica di altri animali, che può avvenire tramite:

Ingestione di cibi contaminati, ad esempio, E. coli O157:H7 (ceppo enteroemorragico) che vive nell’intestino dei bovini e può causare infezioni attraverso il consumo di carni poco cotte.

Contatto diretto con animali (bovini, ovini, ecc.) o le loro deiezioni.

Diffusione del materiale fecale nell’ambiente, come verdura, frutta, acque potabili, acque di balneazione e terreno.

Inoltre, il batterio può essere trasmesso da persona a persona attraverso il contagio interumano diretto, spesso associato a mancate pratiche igieniche come il lavaggio delle mani dopo l’uso del bagno.

I sintomi di un’infezione da E. coli dipendono dalla sede del corpo colpita, dal tipo di ceppo batterico responsabile, dall’età e dalle condizioni di salute generali del paziente.

Ma esistono dei trattamenti per chi viene contagiato? In genere, le infezioni intestinali da E. coli non complicate si risolvono spontaneamente in pochi giorni, senza necessità di specifici farmaci. Il medico consiglia al paziente di riposare e di idratarsi abbondantemente per rimpiazzare le perdite idriche e saline causate dagli episodi diarroici.

Nel caso di diagnosi di un’infezione gastroenterica da E. coli, la terapia antibiotica non è automatica. In alcune situazioni, l’uso di antibiotici potrebbe addirittura peggiorare le condizioni del paziente facilitando il rilascio della tossina.

Se il medico valuta la necessità di una terapia antibiotica, la scelta del farmaco e la durata del trattamento dipendono dalla storia clinica del paziente, dalla sede e gravità delle infezioni, e dai risultati delle analisi di laboratorio su urina o feci. L’antibiogramma è cruciale per testare la sensibilità del batterio agli antibiotici, contribuendo a limitare la diffusione della resistenza di E. coli a questi farmaci.

Per gestire le infezioni da Escherichia coli, possono essere prescritti farmaci come trimetoprim/sulfametossazolo, cefalosporine, aminoglicosidi, fluorochinoloni (come la ciprofloxacina), nitrofurantoina, ticarcillina e piperacillina.

Gestione cookie