Approfondimenti

Sindrome di Vexas: che cosa sappiamo finora della malattia autoimmune

È una malattia autoimmune che colpisce principalmente il midollo osseo e il sangue. Secondo le ultime ricerche, potrebbe essere più diffusa di quanto si pensi e in particolare tra gli uomini over 50. La sindrome di Vexas è stata identificata per la prima volta nel 2020: è collegata a una mutazione somatica nel gene UBA1 nel midollo osseo. Di recente uno studio ha rivelato altri fattori su questa patologia particolare.

Immagine | Pixabay @kkolosov

Sindrome di Vexas: che cosa si era scoperto

La mutazione del genere era stato identificato in un gruppo di pazienti che non erano in grado di ottenere una diagnosi chiara o un trattamento efficace per una varietà di sintomi che stavano riscontrando. Una ricerca pubblicata nel dicembre 2020, sul New England Journal of Medicine, riportava anche il nome di questa malattia: sindrome di Vexas, acronimo di vacuoli (nelle cellule del midollo osseo), enzima E1 (legato al cromosoma X), autoinfiammatorio e somatico. Cioè le caratteristiche chiave della sindrome.

Un’altra delle peculiarità di questa sindrome è che essa è difficile da definire. La malattia ha una vasta gamma di sintomi che spesso imitano altre patologie e un potenziale paziente viene spesso ed erroneamente classificato sotto una di queste. Tra i sintomi presentati ci sono infatti febbre e stanchezza estrema, ma anche eruzione cutanea, gonfiore di naso e orecchie, infiammazioni alle articolazioni, ai polmoni e persino ai vasi sanguigni.

Cosa rivela il nuovo studio?

La sindrome di Vexas può causare l’infiammazione di diversi organi e articolazioni. I ricercatori dello studio pubblicato in questi giorni sul Journal of the American Medical Association (JAMA) hanno cercato di identificarne la prevalenza nella popolazione. Sebbene sia ancora rara, i ricercatori hanno concluso che può colpire fino a un uomo su 4.269 e una donna su 26.238, entrambi di età superiore ai 50 anni, molto più del previsto per una patologia appena scoperta.

Immagine | Pixabay @shameersrk

Per la nuova ricerca sono stati analizzati oltre 163mila pazienti della Pennsylvania. Tra loro: undici presentavano la variante del gene UBA1 (due donne e nove uomini) e presentavano sintomi coerenti con la sindrome. Si può dunque concludere che una persona su 13.591 può avere questa malattia.

Che terapie esistono?

I pazienti di questa sindrome possono assumere farmaci antinfiammatori chiamati glucocorticoidi: aiutano a gestire i sintomi, anche se non sono da escludere possibili effetti collaterali. Quando per esempio la malattia si presenta in forma grave può causare coaguli di sangue, anemia, affaticamento e piastrine basse, talvolta anche tumori nel sangue. Un trattamento potenzialmente efficace è perciò il trapianto di midollo osseo.

Lorenzo Rotella

Leggo e scrivo da quando ne ho memoria e sono un critico onnivoro di cinema e letteratura. Militante dell’associazione Carovana Antimafia Ovest Milano dal 2018, copywriter di cronaca per grandi media dal 2019, giornalista del quotidiano La Stampa dal 2021, collaboratore del magazine e sito web Green Planner dal 2022, autore della raccolta di poesie “Mille Soli Una Notte” edito da NMBook World.

Recent Posts

Dipendenza dal lavoro: cos’è, quali sono i sintomi e come si può curare

Per chi soffre di questa condizione, che può avere effetti invalidanti,  il lavoro diventa un…

8 ore ago

Tumore alla prostata, l’esame delle urine per una diagnosi precoce: ecco come funziona

Un esame delle urine semplice e non invasivo può diagnosticare precocemente il cancro della prostata…

1 giorno ago

Ginocchio varo, cos’è e quali rimedi esistono

È una condizione anatomica in cui le gambe assumono un aspetto arcuato verso l’esterno. Può…

2 giorni ago

HIV: farmaci a lunga azione efficaci per prevenzione e trattamento

I farmaci a lunga azione si confermano efficaci nel trattamento e nella prevenzione dell'HIV, migliorando…

3 giorni ago

Utilizzare le tecnologie digitali abbassa i rischi del declino cognitivo: lo studio

La prima generazione a utilizzare Internet, email, smartphone e tecnologie digitali ha ridotto il rischio…

6 giorni ago

Esiste una posizione ideale nella quale dormire? Quel che bisogna sapere

La postura assunta a letto non è una semplice abitudine: può influenzare la salute della…

6 giorni ago