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Malattia del cervo zombie, cos’è? Può essere pericolosa per l’uomo?

Negli Stati Uniti, in decine di Stati, si sta diffondendo una malattia da deperimento cronico (CWD), comunemente conosciuta con il nome (inquietante, si può dire) di “malattia del cervo zombie”. Si tratta di una patologia neurologica che minaccia sia i cervi sia le persone ed è causata da prioni. Da proteine mal ripiegate in grado di trasmettere l’anomalia a quelle sane, è mortale nel 100% dei casi e provoca sintomi terrificanti. Ma quali sono i rischi per l’uomo? In test di laboratorio è stato dimostrato che la malattia può infettare efficacemente le cellule umane e per contrastarla non esistono cure né vaccini. Per rasserenare la situazione, va detto, a oggi non risultano ancora casi rilevati nell’essere umano, ma la diffusione esplosiva della patologia e i frequenti contatti tra cervi e uomini (in particolare, i cacciatori) e il consumo di carne infetta possono innescare la miccia in qualunque momento.

Cervo | pixabay @jggrz

Cos’è la malattia del cervo zombie

Non è una malattia nuova. È stata scoperta verso la metà del ‘900 e si è diffusa soprattutto in Nord America (Stati Uniti e Canada), ma dal 2016 si sono riscontrati casi anche in Scandinavia (in Norvegia, Finlandia e Svezia). Come detto, è tornata a far parlare negli Usa e in Canada visto il nuovo aumento dei casi degli ultimi mesi. Come accennato, si sta parlando di un’encefalopatia spongiforme, simile alla nota encefalopatia spongiforme bovina (Bse, morbo della mucca pazza) e alla variante umana, la malattia di Creutzfeldt-Jakob. Gli scienziati sottolineano che la patologia è stata riscontrata in ben 800 cervi e alci nel solo Stato del Wyoming, un numero enorme, considerando che a novembre dello scorso anno era stato identificato il primo caso in assoluto nel celebre Parco Nazionale dello Yellowstone. Si trattava di uno sfortunato cervo mulo (Odocoileus hemionus), la cui carcassa era stata ritrovata dai ranger del Wyoming Game and Fish Department (WGFD) nei pressi del lago Yellowstone.

Cervo | pixabay @dianaparkhouse

I sintomi

Tra i sintomi della malattia ci sono sbavare in modo intenso, andatura claudicante con ripetuti inciampi, sguardo perso, disorientamento e letargia. La cosa preoccupante, per gli esperti, è che i prioni della patologia sono in grado di persistere nell’ambiente per anni, “resistendo ai tradizionali metodi di disinfezione come la formaldeide, le radiazioni e l’incenerimento a temperature estreme”, spiegano Samuuel J. White e Philippe B. Whilson dell’Università Nottingham. Ciò significa che è possibile portarseli dentro casa anche solo camminando nei luoghi in cui vivono i cervi malati, dato che suolo e acqua possono essere contaminati a lungo. Il contagio può avvenire in modalità “silente”, considerando che “i prioni non innescano una risposta immunitaria, rendendoli difficili da rilevare con i mezzi convenzionali”. Preoccupa un’altra cosa: gli esperti ritengono che i prioni si trasmettano per contatto con saliva, sangue, urina, feci e che siano estremamente resistenti nell’ambiente.

La letalità che la caratterizza e gli sforzi per il suo contenimento (abbattimento degli animali) possono mettere in pericolo interi ecosistemi. I cervidi sono cruciali per la conservazione dell’habitat. Infatti, costituiscono una fonte di cibo per altre specie e i loro spostamenti e il pascolo modificano l’ambiente, contribuendo al suo equilibrio. Detto questo, anche se non sono noti casi di contagio tra gli uomini, l’esposizione diretta (consumo di carne infetta) e indiretta (ambientale) sono già una realtà.

Redazione Saluteweb

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