Il dato è stato diffuso nel corso della diciassettesima edizione di ICAR, il congresso italiano dedicato all’AIDS e alla ricerca antivirale
Durante la 17ª edizione di ICAR, il congresso nazionale dedicato all’AIDS e alla ricerca antivirale tenutosi a Padova dal 21 al 23 maggio, gli esperti hanno evidenziato l’importanza della prevenzione primaria e l’evoluzione delle terapie contro l’HIV.
Annamaria Cattelan, presidente di ICAR 2025, ha sottolineato i progressi nella terapia antiretrovirale: “Disponiamo di trattamenti innovativi che permettono di mantenere la negativizzazione della viremia dell’HIV nel sangue, riducendo gli effetti collaterali. Si tratta di farmaci semplici, somministrabili anche ogni due mesi, che rendono la gestione dell’infezione più agevole per i pazienti”.
Cattelan ha inoltre evidenziato l’importanza della prevenzione primaria: “Oggi possiamo attuare una prevenzione primaria dell’HIV, grazie a farmaci che proteggono dall’acquisizione del virus. La profilassi pre-esposizione può consistere in una compressa quotidiana o assunta in base al rischio, e sono in fase di sviluppo soluzioni più avanzate, come formulazioni intramuscolari o sottocutanee, con somministrazioni ogni uno o due mesi”.
Paolo Meli, co-presidente del congresso, ha richiamato l’attenzione su dati preoccupanti: “In Italia, circa 9.000 persone vivono con l’HIV senza saperlo, necessitando quindi di una diagnosi. Inoltre, circa 16.000 pazienti già diagnosticati non hanno ancora raggiunto la soppressione virale, con conseguenze sia per la loro salute sia per il rischio di trasmissione dell’infezione”.
Meli ha sottolineato l’urgenza di promuovere i controlli e garantire un accompagnamento efficace per chi si è ‘perso al follow-up’: “È una questione che riguarda sia la salute individuale sia quella collettiva. Occorre promuovere con più forza i controlli e allo stesso tempo garantire un accompagnamento più efficace per chi si è ‘perso al follow-up’, come si dice in ambito clinico”.
L’evento ha visto la partecipazione di oltre 1.200 tra clinici, giovani ricercatori, infermieri, operatori sociali e volontari delle associazioni della Community, confermandosi un punto di riferimento per la comunità scientifica in tema di HIV-AIDS e altre tematiche infettivologiche di attualità.
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