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Il sonno profondo aiuta la memoria, ecco perché

Il sonno profondo rappresenta un campo di ricerca ancora ricco di misteri, ma le recenti scoperte offrono spunti promettenti. La possibilità di modulare le onde lente potrebbe rivoluzionare il trattamento di disturbi della memoria e aprire nuove frontiere nell’ottimizzazione delle capacità cognitive

Dormire non è solo un momento di riposo per il corpo, ma anche una fase cruciale per il cervello. La scienza ci dice che durante il sonno profondo, noto anche come sonno a onde lente, il cervello lavora attivamente per consolidare i ricordi e trasformarli in memorie a lungo termine. Studi recenti hanno gettato nuova luce su come avviene questo processo, rivelando dettagli sorprendenti sul ruolo delle onde lente nell’organizzazione della memoria.

Il sonno aiuta la memoria

Il sonno è da tempo riconosciuto come fondamentale per il benessere cognitivo. Le fasi del sonno non-REM e REM si alternano in cicli di circa 90 minuti, con il sonno profondo che rappresenta la fase finale del non-REM. Questo è il momento in cui il corpo si rigenera, ma soprattutto in cui il cervello si dedica a un’attività cruciale: il consolidamento della memoria.

Dormire | pexels @Marcus Aurelius – Saluteweb.it

Durante il sonno profondo, il cervello rielabora gli eventi della giornata, trasferendo le informazioni dall’ippocampo, sede della memoria a breve termine, alla neocorteccia, dove si formano le memorie a lungo termine. Le onde lente, oscillazioni elettriche sincronizzate che avvengono una volta al secondo, giocano un ruolo centrale in questo trasferimento, creando una sorta di ponte tra le due aree cerebrali.

La scoperta delle onde lente

Un recente studio condotto dai ricercatori della Charité – Universitätsmedizin di Berlino, pubblicato su Nature Communications, ha approfondito il funzionamento delle onde lente. Utilizzando tessuti cerebrali umani prelevati durante interventi di neurochirurgia, gli scienziati hanno simulato le fluttuazioni tipiche del sonno profondo. Attraverso tecniche avanzate come il multipatch e l’utilizzo di micropipette nanometriche, sono riusciti ad “ascoltare” le comunicazioni tra neuroni con una precisione senza precedenti.

I risultati hanno mostrato che le onde lente potenziano al massimo le connessioni sinaptiche tra i neuroni della neocorteccia in un momento specifico del loro ciclo. Questo momento è caratterizzato da una rapida transizione della tensione elettrica da bassa ad alta, rendendo la corteccia particolarmente recettiva. Se in questa finestra temporale il cervello ripropone un ricordo, esso viene trasferito con maggiore efficacia nella memoria a lungo termine.

Un’attività dinamica e sincronizzata

Durante le onde lente la corteccia non è completamente silente: piccoli gruppi di neuroni restano attivi, portando avanti processi fondamentali di codifica e consolidamento delle informazioni.

Un’altra scoperta interessante riguarda l’interazione tra ippocampo e corteccia. Mentre dormiamo, l’ippocampo si riattiva spontaneamente, inviando segnali alla corteccia. Questo dialogo è seguito dalle onde lente, che sembrano creare un’ambiente ideale per riorganizzare e stabilizzare i circuiti neurali coinvolti nell’apprendimento.

Potenziare la memoria attraverso il sonno

Queste nuove scoperte aprono la strada a strategie innovative per migliorare la memoria, soprattutto in caso di declino cognitivo. La stimolazione delle onde lente attraverso impulsi elettrici o segnali acustici è già oggetto di studio. L’obiettivo è sfruttare la finestra temporale in cui le onde lente rendono la corteccia altamente recettiva, potenziando così la formazione dei ricordi.

Durante il sonno il cervello scarta le esperienze meno rilevanti e consolida quelle importanti, creando ricordi stabili. Questo processo è reso possibile dall’attività sincronizzata delle onde lente, che agiscono come un filtro naturale.

 

Giuliana Presti

Laureata in Giornalismo e Cultura Editoriale presso l'Università di Parma. Scrivo di cinema, cultura e attualità e amo la fotografia e la buona musica.

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