Giornata mondiale per la lotta alla sepsi, cos’è e quali sono i sintomi

Cos’è la sepsi e quali sono i suoi sintomi? Domande a cui è opportuno saper dare una risposta. Anche per questo ogni anno il 13 settembre si celebra la Giornata mondiale della lotta alla sepsi. Come sempre in questi casi, si tratta di un momento per accrescere la consapevolezza pubblica su questo tema, per migliorare la prevenzione, il riconoscimento e la gestione clinica della sepsi, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, ma non solo. I numeri della diffusione della sepsi devono far riflettere e aiutano a comprendere l’importanza di una giusta conoscenza del tema.

Sepsi, numeri e sintomi della malattia

La sepsi è la grave complicanza di un’infezione, che danneggia tessuti e organi compromettendone il funzionamento e che può portare a shock, insufficienza multiorgano e morte, soprattutto se non riconosciuta e non trattata prontamente.

A fornire i dati legati alla diffusione della sepsi ci pensa il ministero della Salute. Nel mondo sono circa 47-50 milioni i casi di sepsi, che si verificano ogni anno nel mondo, l’80% dei quali avvengono in comunità. Nel 40% dei casi si tratta di bambini di età inferiore ai 5 anni. In Europa si registrano circa 700mila casi di sepsi. Globalmente, 1 decesso su 5 è associato a sepsi, per un totale di almeno 11 milioni di decessi l’anno. Inoltre la letteratura scientifica dimostra che gli effetti a lungo termine della sepsi, noti come sindrome post-sepsi, si verificano fino al 50% dei sopravvissuti, i quali soffrono di sequele fisiche, cognitive e psicologiche persistenti. Il recupero può richiedere mesi o anni. In Italia, il numero di certificati di morte che hanno riportato sepsi è aumentato da 18.939 nel 2003 a 49.010 nel 2015 (dal 3 all’8% di tutti i decessi in Italia registrati in questi anni).

Un medico che scrive
Foto | pixabay @ckstockphoto – Saluteweb.it

Ma quali sono i sintomi a cui prestare attenzione? È bene sapere che questi possono variare notevolmente in base al tipo di germe responsabile, alla loro localizzazione, e alla risposta dell’ospite. In generale, comunque, la sepsi si manifesta in un primo momento con febbre, tachicardia e iperventilazione. In caso di sepsi severa, secondo stadio della malattia, si manifestano in aggiunta arrossamenti cutanei, difficoltà respiratorie, alterazione dello stato mentale, oliguria. Il terzo e ultimo stadio è, infine, è lo shock settico, caratterizzato da una pressione sanguigna bassissima.

Come si cura la sepsi?

Ora la domanda è: come si può curare la sepsi? Con una terapia antibiotica. Fondamentale è, come spesso accade, una diagnosi precoce. In questo modo la maggior parte degli individui soggetti ad episodi settici moderati recupera dall’evento; non a caso il tasso di mortalità medio è del 15%, mentre sale al 30-35% negli episodi settici severi, fino a superare il 50% nello shock settico. I pazienti maggiormente a rischio sono le persone con malattie croniche a polmoni, fegato, cuore, coloro senza milza, o con un sistema immunitario indebolito, i bambini di età inferiore a un anno, gli adulti over 60.

E come prevenirla? “Per prevenire la sepsi è necessario prevenire le infezioni, soprattutto quelle correlate all’assistenza, mediante la frequente igiene delle mani eseguita correttamente, l’applicazione scrupolosa delle misure di prevenzione e controllo delle infezioni (IPC) nei setting di cura e l’aggiornamento periodico del personale sanitario in materia di IPC e infezioni antimicrobico-resistenti, l’uso delle vaccinazioni disponibili“, spiega il ministero della Salute.

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