Mentre la Camera discute il disegno di legge sul consenso informato in ambito scolastico, l’educazione sessuale torna prepotentemente al centro del dibattito pubblico. Secondo i nuovi dati dell’Osservatorio “Giovani e sessualità” di Durex, realizzato con Skuola.net su un campione di 15mila ragazzi tra gli 11 e i 24 anni, il 90% dei giovani chiede l’introduzione di programmi di educazione sessuale nelle scuole.
Il desiderio principale è affrontare in modo serio e aperto temi come la prevenzione delle infezioni sessualmente trasmesse (54%), il consenso nelle relazioni (48%) e l’importanza della protezione. Ma soprattutto, lo si vuole fare con figure competenti, non improvvisate: il 72,2% degli intervistati indica medici, psicologi e sessuologi come i professionisti più adatti a trattare questi argomenti.
Educazione sessuale, anche i genitori dicono sì
Non sono solo i giovani a chiedere un cambiamento. Dalla stessa indagine emerge che quasi 8 genitori su 10 (78,6%) sostengono l’introduzione di percorsi di educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Per molti di loro – il 45,3% – questi programmi dovrebbero iniziare già alle scuole medie, quando ragazzi e ragazze cominciano ad affrontare le prime esperienze relazionali.
Le paure dei genitori sono concrete: quasi il 29% teme che i propri figli possano trovarsi coinvolti in relazioni tossiche, mentre uno su cinque è preoccupato per il rischio di violenze sessuali.
Prime esperienze sempre più precoci
In Italia, quasi un quarto dei giovani (23,6%) dichiara di aver avuto il primo rapporto sessuale tra gli 11 e i 14 anni. Un dato che, sottolineano gli esperti, non può essere ignorato. Ancora più preoccupante è la mancanza di dialogo: nel giro di un anno, la percentuale di ragazzi che non parlano di sessualità in famiglia è salita dal 37% del 2024 al 49% nel 2025.
Dietro questo silenzio ci sono spesso imbarazzo (46,8%) o veri e propri tabù (14,5%), che lasciano i giovani senza punti di riferimento affidabili.
Internet come “insegnante di educazione sessuale” improvvisato
Quando scuola e famiglia tacciono, i ragazzi cercano risposte altrove: più della metà (53,2%) si affida a Internet per informarsi su sessualità e contraccezione. Ma online trovano spesso contenuti parziali, fuorvianti o pericolosi, e il rischio di accedere a pornografia o a messaggi distorti è altissimo.
A ciò si aggiunge il fenomeno del sexting: quasi 1 giovane su 2 (47,2%) dichiara di inviare o ricevere contenuti espliciti, con il 30% dei casi che riguarda ragazzi tra gli 11 e i 13 anni. E il problema del consenso è sempre più urgente: il 46% dice di aver ricevuto foto o video non richiesti, una percentuale che sale al 50% tra le ragazze.
Il nodo del consenso e le relazioni tossiche
Secondo l’indagine, 1 giovane su 5 pensa che si possa rifiutare un rapporto sessuale solo “occasionalmente”, segno di una comprensione ancora parziale del concetto di consenso. Allo stesso modo, per il 40%, gelosia e possessività sono viste solo come “possibili” segnali di una relazione sbagliata, non come campanelli d’allarme certi.
Sono dati che mostrano quanto serva un percorso educativo strutturato, in grado di formare una consapevolezza affettiva e sessuale sana, fondata sul rispetto reciproco.
Gli esperti: “Non lasciamoli soli”
Per Filippo Nimbi, psicologo e sessuologo clinico, segretario generale della European Federation of Sexology, l’urgenza è evidente:
“Il primo approccio alla sessualità avviene sempre più precocemente e, in assenza di un supporto qualificato, aumenta il rischio di comportamenti dannosi, infezioni e gravidanze indesiderate”.
L’esperto invita a un cambio di prospettiva culturale:
“Non possiamo lasciare i giovani da soli, né fingere che il problema non esista. L’Italia è tra i pochi Paesi europei senza un percorso strutturato di educazione sessuale. È tempo di offrire ai ragazzi strumenti scientifici, inclusivi e guidati da professionisti”.
Un tema che riguarda tutti
Il messaggio che arriva da questa indagine è chiaro: i giovani non vogliono essere lasciati senza guida. Non chiedono soltanto nozioni, ma un dialogo onesto, libero da pregiudizi e radicato nel rispetto. Un’educazione che aiuti a comprendere, non a giudicare — e che, forse, potrebbe essere il primo passo verso una società più consapevole e meno fragile di fronte ai temi dell’affettività e del corpo.
