Non serve essere genitori per saperlo: educare i bambini al cibo sano è un’impresa. Nei primi anni di vita la questione è più semplice, perché sono troppo piccoli per prendere da soli le proprie decisioni, e comunque non sono in grado di prepararsi un pasto da sé. Dunque, sono i genitori che devono trovare la maniera giusta perché il figlio si adatti a una dieta salutare.
In particolare, nell’età compresa fra i 18 e i 20 mesi, la questione alimentare è fondamentale. A partire dalla tenerissima età, infatti, i bambini si “abituano” a determinati alimenti, e ciò che mangiano in quel periodo può determinare le scelte di alimentazione future.
Per questo è importante che vengano educati nella maniera corretta, in quanto, uno dei rischi in cui spesso si incorre è che il bambino arrivi al rifiuto per un determinato tipo di cibo. Questo disturbo è chiamato neofobia e accade, solitamente, quando il bimbo riconosce l’alimento come “nemico”, magari perché spesse volte è stato male dopo averlo ingerito. Ecco perché bisogna far sì che il proprio figlio “riconosca” il cibo come un fattore che gli è amico.
Il vero problema emerge dopo i 10 anni circa del bambino. A questo punto della sua vita comincia, infatti, a prendere per sé le proprie decisioni, anche alimentari. Pensiamo, per esempio, a quando va a casa di un compagno oppure esce con gli amici, e al bar fa merenda con delle patatine o con un gelato. Nulla di male, ma questa abitudine può diventare troppo ricorrente, andando a intaccare la sua dieta quotidiana. Questa potrebbe quindi tendere all’assunzione di cibi grassi o fritti, che in quantità eccessive possono risultare dannosi.
La dottoressa Deborah Gilboa, esperta di sviluppo infantile, afferma che una delle domande che le vengono rivolte più spesso è proprio come convincere il proprio figlio a non mangiare cibo spazzatura. Il problema potrebbe risiedere nel fatto che non ha ben capito il ruolo del cibo: il suo scopo e il suo funzionamento nel corpo. Altra distinzione inadeguata è quella per cui spesso i genitori tendono a dividere il cibo in due categorie, “buono” e “cattivo”. Mettiamo, ad esempio, frutta e verdura da una parte, e torte e patatine fritte dall’altra.
Invece di fare così, si potrebbe istituire un giorno a settimana in cui tutta la famiglia mangia insieme del cibo comunemente considerato “spazzatura”, come hamburger o cibi pronti. Il bambino, insomma, dovrebbe essere stimolato a non vedere il “cibo spazzatura” come qualcosa di proibito, che stuzzica il suo interesse perché non può consumarlo in casa. I genitori hanno il compito di dare loro la consapevolezza che è il modo in cui consumiamo determinati alimenti che nuoce alla salute. Va bene, ogni tanto, mangiare cibi fritti e oleosi, l’importante è farlo in maniera oculata.
Tra le idee per coinvolgere i propri figli all’educazione alimentare c’è quella di fare la lista della spesa insieme e poi portarli con sé e, magari, nel frattempo spiegare loro perché compriamo certi cibi al posto di altri. O ancora cucinare e apparecchiare insieme, o piantare delle verdure in vasetti da tenere sul proprio balcone.
Dare l’esempio, infine, non è da sottovalutare: se siete abituati sin da piccoli a vedere i vostri genitori o fratelli maggiori fare merenda con della verdura (magari sgranocchiare una carota), le probabilità che prenderete le medesime abitudine sono molto più alte.
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