Pavia, 1 dicembre 2025 – Il tumore agli occhi, pur essendo una patologia rara, rappresenta una sfida clinica importante per la medicina oncologica e oftalmologica. Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 400 nuovi casi, principalmente di melanoma uveale, il tumore maligno intraoculare più diffuso negli adulti, con insorgenza tipica tra i 50 e i 70 anni. La complessità di questa neoplasia, unita alla sua localizzazione delicata, richiede un approccio multidisciplinare e l’impiego di strategie terapeutiche all’avanguardia, tra cui la protonterapia.
Tumore agli occhi: sintomi e diagnosi precoce
La diagnosi del melanoma uveale è spesso complicata dalla natura asintomatica o dai sintomi poco specifici nelle fasi iniziali della malattia. I segnali premonitori includono una visione offuscata, la percezione di lampi di luce o scintille, la presenza di mosche volanti e difetti del campo visivo. Raramente si manifesta dolore oculare. Un sintomo particolarmente rilevante è il calo della vista, soprattutto quando il tumore raggiunge dimensioni considerevoli o si trova in prossimità del nervo ottico o dell’area centrale della retina, come sottolinea la dottoressa Maria Rosaria Fiore, medico radioterapista e referente del Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) di Pavia.
Il melanoma uveale si sviluppa usualmente nell’uvea, cioè nell’iride, nel corpo ciliare o nella coroide. Talvolta, è visibile come una macchia scura o una lesione vascolarizzata sulla superficie oculare, ma più spesso si insinua all’interno del bulbo oculare, rendendo la diagnosi clinica e strumentale essenziale. La visita oculistica annuale a partire dai 40 anni è fortemente raccomandata, soprattutto per soggetti con fattori di rischio come carnagione chiara, occhi chiari, nevi coroideali preesistenti o condizioni ereditarie quali la melanocitosi oculodermica.
La diagnosi si basa su una valutazione specialistica con strumenti quali l’oftalmoscopio, la lente gonioscopica e l’ecografia oculare, integrata da tomografia ottica computerizzata (OCT) e angiografia con fluoresceina. La biopsia è riservata a casi selezionati, soprattutto per i linfomi intraoculari, mentre nel melanoma uveale viene raramente eseguita per evitare rischi all’occhio.

Trattamenti innovativi: dalla chirurgia alla protonterapia
Negli ultimi decenni sono stati compiuti notevoli progressi nel trattamento del melanoma uveale. Tradizionalmente, i melanomi di grandi dimensioni o con coinvolgimento del nervo ottico richiedevano l’enucleazione, ovvero la rimozione completa del bulbo oculare, con impianto successivo di protesi per mantenere l’aspetto estetico. Tuttavia, come evidenzia la dottoressa Fiore, la diffusione della protonterapia ha rivoluzionato la gestione della malattia, rappresentando oggi una valida alternativa conservativa.
La protonterapia permette di erogare una dose molto precisa e intensa di radiazioni direttamente sul tumore, riducendo al minimo l’irradiazione dei tessuti sani circostanti e preservando la funzionalità visiva in molti casi. Il CNAO di Pavia è il centro di riferimento nazionale per questa tecnica, avendo trattato oltre 600 pazienti con melanoma oculare. Prima del 2016, i pazienti italiani dovevano rivolgersi a strutture estere per accedere a questa terapia. L’adroterapia con protoni è particolarmente indicata per i tumori vicini a strutture critiche come il nervo ottico o di grandi dimensioni, mentre per lesioni più piccole può essere impiegata la brachiterapia, che consiste nell’applicazione chirurgica di placche radioattive contenenti isotopi come iodio o rutenio sulla superficie oculare in corrispondenza del tumore.
Per pianificare con precisione la protonterapia, si sottopone il paziente a un intervento oculistico per l’applicazione di clips in tantalio, piccoli marcatori metallici che delimitano l’area da irradiare. Il trattamento è quindi discusso in equipe multidisciplinare tra oncologi, radioterapisti e oculisti, assicurando un percorso terapeutico personalizzato.
Ricerca e terapie sistemiche: nuove speranze per il melanoma uveale
Il melanoma uveale si distingue dal melanoma cutaneo per caratteristiche molecolari e comportamentali differenti. La ricerca ha evidenziato che le mutazioni genetiche tipiche coinvolgono i geni GNAQ e GNA11, assenti invece nel melanoma cutaneo, mentre la mutazione BRAF, comune in quest’ultimo, è rara nell’uveale. Queste differenze spiegano la scarsa efficacia delle terapie tradizionali, come l’immunoterapia mutuata dai melanomi cutanei, che mostrano risposte inferiori al 10% nei pazienti con melanoma oculare.
Recentemente, però, sono emerse nuove molecole mirate: il tebentafusp è un innovativo immunoterapico bispecifico che stimola la risposta dei linfociti T contro le cellule tumorali, riservato ai pazienti con una particolare tipologia genetica (HLA-A02:01), presente in circa un terzo dei malati. Per quelli non eleggibili, sono in corso studi internazionali di fase III con farmaci come il darovasertib* in combinazione con crizotinib, che agiscono sulle vie di segnalazione alterate nelle cellule tumorali.
Il Policlinico Gemelli di Roma si è affermato come centro di eccellenza internazionale, grazie a un team multidisciplinare che include oncologi, oculisti e radioterapisti, e partecipa attivamente a studi clinici globali, offrendo ai pazienti l’accesso a terapie sperimentali e personalizzate.
Tumore agli occhi, fattori di rischio e prevenzione
Tra i fattori predisponenti al tumore agli occhi, meglio definito melanoma uveale, figurano la carnagione chiara, gli occhi chiari, alcune condizioni ereditarie (sindrome del nevo displastico, melanocitosi oculodermica, nevo di Ota) e l’età avanzata. Sebbene il ruolo dell’esposizione solare non sia ancora del tutto chiarito, l’uso di occhiali da sole con protezione UV totale è vivamente consigliato per la prevenzione.
È fondamentale sottoporsi a controlli oculistici periodici per la diagnosi precoce, soprattutto in presenza di sintomi sospetti o fattori di rischio. La tempestività nell’individuazione del tumore rappresenta un elemento chiave per la conservazione dell’occhio e della vista, oltre che per migliorare la prognosi generale.
