Tumore al cervello, la speranza in un gruppo di molecole: i dettagli

Tumore al cervello

Tumore al cervello | Pixabay @Vadym_Plysiuk - Saluteweb

Federico Liberi

9 Dicembre 2025

Nuove ricerche italiane e internazionali danno nuove speranze nella lotta al tumore al cervello: ecco cosa c’è da sapere

Il glioblastoma, un tumore al cervello annoveratore tra i più aggressivi e difficili da trattare, continua a rappresentare una sfida cruciale per la neuro-oncologia mondiale. Negli ultimi anni, diverse ricerche innovative hanno aperto nuove prospettive terapeutiche, in particolare nello studio delle molecole coinvolte nella proliferazione tumorale e nell’immunoterapia avanzata.

Nuove frontiere terapeutiche nella lotta contro il tumore al cervello

Tra i progressi più significativi spiccano le ricerche condotte dall’Istituto Italiano di Tecnologia sotto la guida del professor Davide De Pietri Tonelli, docente di Neurobiologia dello Sviluppo presso l’Università di Genova. Il suo gruppo ha identificato un “cocktail” di 11 filamenti di RNA capaci di indebolire le cellule tumorali del glioblastoma, aprendo la strada a nuove strategie molecolari che agiscono sul controllo post-trascrizionale delle cellule staminali neurali. Questo approccio si concentra su piccole molecole non codificanti, fondamentali nella regolazione della neurogenesi e nella patogenesi tumorale.

Parallelamente, in campo pediatrico, si stanno ottenendo risultati incoraggianti con le terapie CAR-T, che utilizzano linfociti T geneticamente modificati per riconoscere e attaccare le cellule tumorali cerebrali. Studi recenti condotti negli Stati Uniti, come quello presentato dal dottor Nicholas Vitanza, indicano una risposta positiva nei bambini affetti da gliomi diffusi della linea mediana, tumori particolarmente resistenti alle terapie tradizionali. Un caso emblematico riguarda un bambino di cinque anni che ha ricevuto oltre 70 infusioni di CAR-T, con una risposta duratura e significativa.

Glioblastoma: epidemiologia, caratteristiche e trattamento

Il glioblastoma, classificato come tumore di grado IV secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpisce prevalentemente adulti tra i 45 e i 70 anni, con un’incidenza di circa 3-4 nuovi casi ogni 100 mila abitanti all’anno. Si caratterizza per un’origine multifocale, spesso primario, con alta capacità infiltrativa nel tessuto cerebrale circostante.

I sintomi principali includono cefalea crescente, nausea, vomito e crisi epilettiche dovute all’aumento della pressione intracranica. La diagnosi si basa su esami neurologici approfonditi e tecniche di imaging avanzate, come la risonanza magnetica funzionale e la spettroscopia RM, seguiti da biopsia per l’analisi molecolare e istologica.

L’approccio terapeutico standard prevede una resezione chirurgica massimale, ove possibile, seguita da radioterapia con concomitante somministrazione orale di temozolomide, e successiva chemioterapia di mantenimento secondo il protocollo Stupp. Recentemente, si sono aggiunti trattamenti innovativi come la terapia con campi elettrici e farmaci target come il bevacizumab, volti a ostacolare la crescita tumorale e la formazione di nuovi vasi sanguigni.

Fattori di rischio e prospettive future

Tra i fattori di rischio confermati vi sono le radiazioni ionizzanti, sia di origine ambientale sia derivanti da trattamenti medici pregressi. Altre esposizioni ambientali — come pesticidi o sostanze chimiche industriali — sono state solo vagamente correlate al rischio di glioblastoma, mentre non risultano evidenze convincenti riguardo all’uso di telefoni cellulari o campi elettromagnetici.

La ricerca genetica ha inoltre evidenziato mutazioni frequenti nel promotore del gene TERT e nell’amplificazione di EGFR, oltre a un quadro molecolare complesso che rende il glioblastoma particolarmente resistente alle terapie convenzionali.

L’integrazione delle nuove scoperte molecolari, come quelle sul ruolo degli RNA non codificanti, con le avanzate immunoterapie rappresenta oggi il terreno più promettente. Tuttavia, la complessità biologica del tumore impone un approccio multidisciplinare e personalizzato, con studi clinici rigorosi per valutare efficacia e sicurezza dei nuovi trattamenti.

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