Smartwatch e salute: i dispositivi che controllano battito, ossigeno e sonno sono davvero affidabili?

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Dati biometrici al polso: quanto possiamo fidarci davvero delle misurazioni? - www.saluteweb.it

Luca Antonelli

21 Agosto 2025

Sempre più persone si affidano agli orologi intelligenti per monitorare la salute. Ma cosa rilevano davvero? E quanto sono precisi?

Il confine tra benessere e tecnologia si è assottigliato. Oggi uno smartwatch non serve più solo a leggere messaggi o contare i passi. Molti modelli promettono di tenere sotto controllo parametri vitali come la frequenza cardiaca, la saturazione dell’ossigeno nel sangue e perfino la qualità del sonno. Il tutto con grafici, allarmi intelligenti e app che tracciano l’andamento giornaliero. Ma questi dati sono davvero utili dal punto di vista medico? E quanto ci si può fidare?

Negli ultimi tre anni, la diffusione di dispositivi indossabili è cresciuta in modo esponenziale, anche tra chi non pratica sport in modo regolare. A spingere è stata la pandemia, con la necessità di tenere d’occhio alcuni parametri respiratori e cardiovascolari. Oggi, milioni di utenti controllano la loro frequenza cardiaca a riposo, ricevono notifiche se il battito sale troppo o scende sotto una soglia critica, e confrontano i dati notturni sulla fase REM o sulle eventuali interruzioni del respiro. Ma tutto questo è davvero accurato?

Cosa rilevano davvero questi dispositivi e come lo fanno

Uno smartwatch moderno include una serie di sensori ottici e a volte anche elettrodi, che rilevano variazioni del flusso sanguigno sotto la pelle grazie alla tecnologia PPG (fotopletismografia). Questo consente di calcolare il battito cardiaco con una buona precisione, soprattutto a riposo. Alcuni modelli avanzati offrono anche ECG integrato, utile per identificare anomalie come la fibrillazione atriale, anche se in modo preliminare.

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Gli orologi smart cambiano il rapporto con la salute. – www.saluteweb.it

Per quanto riguarda la saturazione dell’ossigeno (SpO₂), i dati sono più variabili. Le misurazioni effettuate al polso non raggiungono la precisione dei pulsossimetri da dito utilizzati in ambito clinico, ma possono offrire un’idea di base. L’errore aumenta in movimento o se il cinturino è troppo largo. Nei soggetti sani i valori restano stabili, ma chi ha patologie respiratorie dovrebbe sempre confermare i dati con strumenti certificati.

Il monitoraggio del sonno è un altro punto delicato. Gli smartwatch tracciano i movimenti, la frequenza cardiaca e il livello di ossigeno per ricostruire le varie fasi: sonno leggero, profondo e REM. Tuttavia, non possono registrare l’attività cerebrale, quindi la precisione nella distinzione tra fasi è limitata. Alcuni studi mostrano margini d’errore significativi, specie nel rilevare le micro-veglie o la durata effettiva della fase profonda.

I dati raccolti, quindi, non sostituiscono esami clinici ma offrono tendenze, schemi ricorrenti, campanelli d’allarme che possono aiutare a riconoscere situazioni anomale. La forza di questi strumenti sta nella continuità del monitoraggio, non nella singola misurazione.

Quando i dati aiutano davvero e quando invece possono ingannare

Il primo rischio da evitare è prendere per oro colato ogni grafico o indicatore. Alcuni utenti si allarmano per un valore leggermente basso di ossigeno durante la notte o per una presunta aritmia rilevata al polso. Il rischio è creare ansia ingiustificata. I cardiologi consigliano di usare questi dispositivi come strumenti di supporto, non di diagnosi. Il loro scopo è osservare l’andamento nel tempo e segnalare variazioni significative rispetto alla propria norma personale.

Nel mondo dello sport, i dati rilevati possono invece offrire utili informazioni per calibrare l’allenamento. Un battito troppo elevato a parità di sforzo può indicare affaticamento, disidratazione o stress. Allo stesso modo, i dati del sonno possono aiutare a pianificare meglio il recupero tra una sessione e l’altra. Gli sportivi usano anche la variabilità del battito cardiaco (HRV) per capire se il corpo è pronto a sostenere un carico o se è meglio riposare.

Per gli anziani o i pazienti cronici, invece, alcuni smartwatch con funzione di rilevamento cadute, allarmi in caso di battito irregolare o monitoraggio costante possono rappresentare un alleato importante, specie se collegati a un’app familiare. La tecnologia, in questi casi, può fare la differenza nella gestione della fragilità.

Infine, resta il problema della privacy: questi dispositivi raccolgono e trasmettono dati sensibili, spesso gestiti da aziende terze. È fondamentale leggere le impostazioni delle app, limitare i permessi inutili e sapere dove finiscono davvero i dati. Un uso consapevole, dunque, è l’unico modo per trasformare lo smartwatch in un alleato reale per la salute, senza rischiare ansie inutili o diagnosi fai-da-te.

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