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Scoperto il potenziale ruolo del vaccino contro il fuoco di Sant’Antonio nella prevenzione della demenza senile

Vaccinarsi contro il fuoco di Sant’Antonio potrebbe offrire una protezione contro la demenza senile: ecco i risultati di uno studio

Il vaccino contro il fuoco di Sant’Antonio aiuta a prevenire la demenza senile | Pixabay @Kittisak_Kaewchalun – alanews

 

L’Herpes zoster, noto come fuoco di Sant’Antonio, è un virus che si attiva dopo un’infezione pregressa di varicella, causando eruzioni cutanee dolorose e altre complicazioni. Recentemente, uno studio condotto dall’Università di Stanford ha rivelato un potenziale beneficio aggiuntivo della vaccinazione contro questo virus: la riduzione del rischio di demenza senile. Pubblicato sulla rivista scientifica Nature, lo studio ha analizzato un campione di 280.000 anziani in Galles, nati tra il 1925 e il 1942, ottenendo risultati sorprendenti.

Il legame tra vaccino e salute cognitiva

Non è la prima volta che si esplora il legame tra la vaccinazione contro l’Herpes zoster e la salute cognitiva. Già nel 2006, con l’introduzione del vaccino negli Stati Uniti, alcuni studi avevano notato che i soggetti vaccinati presentavano tassi inferiori di disfunzioni cognitive rispetto ai non vaccinati. Tuttavia, lo studio di Stanford ha fornito dati molto più consistenti, evidenziando una possibile correlazione tra vaccinazione e protezione contro la demenza.

Come il vaccino può influenzare le funzioni cerebrali

Ma come può un vaccino, progettato per stimolare il sistema immunitario a combattere un virus, influenzare le funzioni cerebrali? La risposta potrebbe risiedere nel comportamento del virus stesso. Dopo aver contratto la varicella, il virus rimane latente nei gangli nervosi e, in caso di immunocompromissione, può riattivarsi, causando il fuoco di Sant’Antonio. La vaccinazione non solo riduce il rischio di riattivazione del virus, ma potrebbe anche contribuire a mantenere il sistema immunitario in uno stato di vigilanza, proteggendo il cervello da eventuali danni neurologici legati a infiammazioni.

Risultati dello studio e implicazioni future

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 50% della popolazione adulta ha contratto il virus dell’Herpes zoster, e sorprendentemente, il 33% delle persone sopra gli 80 anni svilupperà la malattia. Questo rende la vaccinazione un tema di grande rilevanza, soprattutto considerando l’invecchiamento della popolazione mondiale. Lo studio di Stanford ha sfruttato un’importante iniziativa delle autorità sanitarie gallesi, che nel 2013 hanno offerto il vaccino gratuitamente a chi aveva tra i 71 e i 79 anni. Questo ha permesso ai ricercatori di confrontare efficacemente i gruppi di anziani vaccinati e non vaccinati, osservando le differenze nella salute cognitiva nel corso di sette anni.

Dopo aver esaminato le cartelle cliniche, i ricercatori hanno scoperto che il rischio di sviluppare demenza era inferiore del 20% tra coloro che erano stati vaccinati, con una differenza più marcata tra le donne. Pascal Geldsetzer, coordinatore dello studio, ha affermato: “Per la prima volta possiamo affermare con maggiore sicurezza che il vaccino contro l’Herpes zoster è associato a una riduzione del rischio di demenza. Se si trattasse di un effetto causale, sarebbe una scoperta di enorme importanza”.

Tuttavia, permangono alcune incertezze. Non è stato ancora possibile stabilire se il legame osservato sia di natura causale, e gli scienziati stanno ancora indagando se i vaccini più recenti, che utilizzano frammenti proteici del virus, possano offrire benefici simili o superiori. La ricerca continua a esplorare le complesse interazioni tra il sistema immunitario e la salute neurologica, aprendo la strada a nuove strategie di prevenzione per malattie neurodegenerative come la demenza.

Il potenziale di un vaccino che non solo previene il fuoco di Sant’Antonio, ma potrebbe anche proteggere la salute cognitiva degli anziani, rappresenta un importante sviluppo nel campo della medicina preventiva. Con l’aumento della durata della vita e l’invecchiamento della popolazione, la ricerca in questo settore potrebbe avere un impatto significativo sulla qualità della vita degli individui e sui sistemi sanitari globali.

Redazione

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