L’obesità è una condizione che ha assunto proporzioni epidemiche a livello globale, e l’Italia non fa eccezione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2021, oltre il 50% della popolazione adulta italiana era in sovrappeso, con un incremento allarmante di casi di obesità. Questa situazione non è solo un problema estetico, ma un serio fattore di rischio per una serie di malattie croniche, tra cui le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e alcune forme di cancro.
Dal 1 ottobre 2023, l’Italia ha compiuto un passo significativo nel riconoscimento dell’obesità come malattia, diventando il primo paese al mondo ad approvare una legge specifica in merito. Questo provvedimento, approvato definitivamente dal Senato, non solo riconosce l’obesità come una malattia complessa e multifattoriale, ma stabilisce anche una cornice normativa completa per la prevenzione, la cura e la sensibilizzazione sociale. Le persone affette da obesità, ora ufficialmente riconosciuta come una patologia progressiva e recidivante, potranno accedere alle prestazioni sanitarie incluse nei livelli essenziali di assistenza (LEA) forniti dal Servizio Sanitario Nazionale. Ciò garantirà un accesso equo alle cure necessarie per affrontare questa condizione.
L’importanza della legge
La legge rappresenta un’importante evoluzione nella percezione sociale dell’obesità. Come sottolinea il professor Roberto Vettor, direttore scientifico del Centro Malattie del Metabolismo e della Nutrizione dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, l’obesità non può essere ridotta a una mera questione di scelte personali o di volontà. Al contrario, è il risultato di una combinazione di fattori:
- Fattori genetici
- Fattori ambientali
- Fattori neuroendocrini
- Complessi squilibri nella regolazione dell’appetito e del peso corporeo
Questa visione più articolata è fondamentale per sviluppare strategie efficaci di intervento e trattamento.
Combattere lo stigma sociale
La legge italiana, quindi, non solo si propone di migliorare l’accesso alle cure, ma anche di combattere lo stigma sociale associato all’obesità. La World Obesity Federation ha definito l’obesità come una malattia cronica, progressiva e recidivante, caratterizzata da una eziologia specifica e da alterazioni strutturali e funzionali che possono condurre a conseguenze patologiche. Tuttavia, nonostante la sua classificazione come malattia, le persone affette da obesità continuano a subire discriminazioni e bias, spesso ritenute pigre o prive di volontà.
Questo stigma ha contribuito a ritardare il riconoscimento dell’obesità come malattia, generando una cultura di disinformazione e ignoranza. È essenziale che la comunità medica e l’opinione pubblica inizino un cambiamento culturale che riconosca l’obesità come malattia e che promuova un approccio più inclusivo e consapevole.
Un nuovo approccio alla salute
Il nuovo quadro normativo offre anche l’opportunità di sviluppare programmi di prevenzione e intervento che possano essere implementati a livello nazionale. In Italia, già prima dell’approvazione della legge, erano stati fatti passi significativi nella ricerca e nella cura dell’obesità. Secondo dati recenti, il Servizio Sanitario Nazionale ha gestito oltre 2,3 milioni di visite specialistiche legate a problemi di obesità e sovrappeso, con più di 56.000 pazienti che hanno richiesto assistenza nei pronto soccorso per complicazioni legate a questa condizione.
Questi numeri evidenziano l’urgenza di un approccio più strutturato e scientifico alla gestione dell’obesità in Italia. I dati parlano chiaro: oltre 45.000 pazienti sono stati ricoverati negli ospedali italiani per problemi legati all’obesità, e più di 800 medici sono stati formati per affrontare questa problematica complessa. Questo dimostra come la sanità italiana stia cercando di allinearsi con le nuove evidenze scientifiche, ma c’è ancora molto da fare.
La legge che riconosce l’obesità come malattia rappresenta un punto di partenza per un cambiamento radicale nelle politiche sanitarie italiane e, potenzialmente, europee. Si tratta di un passo avanti non solo per la salute pubblica, ma anche per il benessere sociale. Un approccio più umano e informato potrebbe ridurre le discriminazioni e migliorare la qualità della vita di milioni di persone. La sfida ora sarà garantire che queste nuove normative vengano implementate efficacemente e che vengano accompagnate da un cambiamento culturale profondo, che vada oltre la semplice legislazione.