Nuove speranze nella lotta contro il cancro della bocca: l’immunoterapia svelata dallo studio APHRODITE

Nuove speranze nella lotta contro il cancro della bocca: l'immunoterapia svelata dallo studio APHRODITE

Nuove speranze nella lotta contro il cancro della bocca: l'immunoterapia svelata dallo studio APHRODITE

Francesco Sidoti

11 Settembre 2025

Negli ultimi anni, il campo dell’oncologia ha fatto passi da gigante, non solo nel trattamento dei tumori, ma anche nella loro prevenzione e diagnosi precoce. Una strategia innovativa che sta guadagnando attenzione è la “cancer interception”, un approccio che si propone di fermare l’evoluzione delle lesioni precancerose prima che si trasformino in tumori veri e propri. Questo metodo non si limita a una semplice identificazione precoce della malattia, ma cerca di intervenire attivamente per modificare il corso del processo patologico attraverso terapie mirate e innovative.

Un esempio significativo di questa nuova direzione è rappresentato dallo studio clinico APHRODITE, un progetto innovativo sostenuto dal Clinical Innovator Award del Cancer Research Institute di New York. Coordinato dall’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, lo studio avrà inizio nel prossimo autunno e coinvolgerà cinque centri italiani. L’obiettivo ambizioso di APHRODITE è quello di intercettare la trasformazione tumorale prima che il cancro si sviluppi, un passo cruciale per migliorare le strategie preventive.

Obiettivi dello studio APHRODITE

Il progetto, recentemente approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e sostenuto dalla Fondazione AIRC, si concentrerà su un approccio di immunoterapia locale per pazienti affetti da lesioni orali potenzialmente maligne (OPMD). Al centro dello studio c’è un farmaco innovativo che attiva il recettore CD40, stimolando una risposta immunitaria mirata.

Il team di ricerca

A guidare il progetto ci sono due figure di spicco:

  1. Paolo Bossi – Oncologo responsabile della Sezione Tumori Testa-Collo di Humanitas e docente presso Humanitas University.
  2. Enrico Lugli – Direttore del Laboratorio di Immunologia Traslazionale.

La loro collaborazione rappresenta un esempio concreto di ricerca traslazionale, dove il dialogo tra clinica e laboratorio consente di trasformare scoperte scientifiche in strumenti terapeutici innovativi. Al fianco di Bossi e Lugli, un team di esperti come Luigi Lorini, Giuseppe Mercante, Alberto Paderno e Maria Rescigno contribuisce con le proprie competenze, arricchendo la multidisciplinarietà del progetto.

Importanza della prevenzione

Il cancro del cavo orale è una patologia complessa e difficile da trattare, con tassi di sopravvivenza a cinque anni che nei casi più avanzati si attestano attorno al 50-60%. Tuttavia, questa malattia può essere anticipata da segnali premonitori. Le lesioni orali potenzialmente maligne possono precedere lo sviluppo del tumore anche di diversi anni, e sebbene non siano ancora cancerose, presentano una probabilità significativa di evolversi in forme maligne, con oltre il 50% dei casi di trasformazione. Anche dopo un intervento chirurgico di rimozione, la possibilità di progressione verso una neoplasia maligna non può essere esclusa.

Lo studio APHRODITE si rivolge a questi pazienti a rischio, intervenendo in una fase in cui l’intervento può essere di natura preventiva. I soggetti coinvolti riceveranno un trattamento localizzato, che prevede l’iniezione diretta del farmaco nella lesione stessa. Inoltre, saranno sottoposti a tecniche avanzate di screening immunologico e molecolare, condotte dal team di Enrico Lugli, per identificare i meccanismi alla base della risposta immunitaria anti-tumorale.

Innovazione e ricerca

La stimolazione del recettore CD40 è stata già testata in sperimentazioni cliniche di immunoterapia, ma questa è la prima volta che viene utilizzata in un contesto preventivo, con l’intento di bloccare precocemente la trasformazione maligna. La scelta del cavo orale come area di studio non è casuale: le lesioni precancerose sono facilmente visibili e accessibili, e studi preclinici hanno dimostrato il ruolo dell’attivazione del recettore CD40 nel stimolare la risposta immunitaria nelle fasi iniziali della malattia.

Lo studio, di fase II e di natura esplorativa, coinvolgerà circa 27 pazienti, un numero contenuto ma sufficiente per raccogliere dati utili a guidare ricerche future più ampie. Humanitas, in qualità di centro coordinatore, sarà affiancato da altri centri di eccellenza italiani, come ASST Santi Paolo e Carlo, Istituto Europeo di Oncologia, ASST Sette Laghi, ASST Lariana, Università Federico II di Napoli e Università di Bologna.

Un aspetto distintivo di APHRODITE è l’integrazione tra sperimentazione clinica e deep profiling: ogni paziente sarà studiato in dettaglio attraverso tecnologie avanzate disponibili in Humanitas. L’obiettivo non è solo valutare l’efficacia del farmaco, ma anche comprendere in profondità come agisce e in quali pazienti può offrire il massimo beneficio. Tecnologie come la proteomica, la metabolomica e la citometria ad alta dimensionalità permetteranno di analizzare la risposta del sistema immunitario, identificare biomarcatori predittivi e personalizzare ulteriormente la terapia.

In conclusione, APHRODITE rappresenta molto più di una sperimentazione clinica: è il risultato di un lavoro condiviso tra clinici e scienziati, un esempio concreto di come la ricerca traslazionale possa trasformare intuizioni scientifiche in opportunità terapeutiche reali. Questo studio non solo mira a migliorare la vita dei pazienti, ma sottolinea anche quanto sia cruciale il dialogo tra laboratorio e clinica, un elemento fondamentale per il futuro della medicina di precisione, capace di prevenire e curare in modo sempre più efficace.

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