Bere poco o in modo scorretto può influenzare energia, concentrazione e salute generale. I bisogni cambiano con l’età e lo stile di vita.
L’idratazione è un pilastro invisibile del benessere quotidiano. Il corpo umano è composto per oltre il 60% da acqua, e anche un calo minimo può influenzare attenzione, digestione, temperatura corporea e performance fisica. Non esiste una regola universale valida per tutti: il fabbisogno idrico cambia con l’età, il clima, l’attività fisica e anche con lo stato di salute. I gruppi più vulnerabili sono spesso quelli meno consapevoli: bambini, anziani e sportivi.
Capire quanto bere e quando farlo è il primo passo per prevenire disidratazione, affaticamento e cali di rendimento. Gli esperti suggeriscono di non aspettare mai di avere sete, perché la sete è già un segnale di allarme. Nei bambini piccoli, questa soglia arriva troppo tardi, mentre negli anziani può addirittura non comparire. L’idratazione preventiva è il vero strumento di difesa.
il fabbisogno nei bambini: rischio disidratazione e attenzione a scuola
I più piccoli sono i più esposti al rischio disidratazione, soprattutto in estate o durante attività fisica. I bambini non hanno ancora sviluppato una percezione adeguata dello stimolo della sete. Questo significa che potrebbero passare ore senza bere, anche in presenza di caldo o sforzi. Le conseguenze si vedono subito: calo dell’attenzione, stanchezza, mal di testa, ma anche un impatto sul rendimento scolastico.

Secondo i pediatri, un bambino tra i 4 e i 10 anni dovrebbe assumere circa 1,2 litri di acqua al giorno, esclusi latte e succhi. Per gli adolescenti, la soglia sale a 1,5–2 litri, soprattutto in caso di attività sportiva. È importante offrire acqua a intervalli regolari, senza aspettare che chiedano da soli. Bere poco nei primi anni di vita può influenzare anche la regolarità intestinale e il metabolismo.
Durante l’orario scolastico, sarebbe utile che le classi avessero a disposizione borracce personali e momenti stabiliti per bere. Anche la temperatura dell’acqua conta: né troppo fredda né calda, meglio a temperatura ambiente per non interferire con la digestione. L’acqua naturale resta la scelta migliore. Le bevande zuccherate dissetano solo in apparenza e possono portare a un’ulteriore perdita di liquidi.
sportivi e anziani: due estremi, stesso rischio
Chi fa sport perde acqua non solo con il sudore, ma anche attraverso la respirazione accelerata. Un atleta amatoriale può perdere anche 1 litro di liquidi in un’ora. Il rischio, se non si reintegra in tempo, è un calo netto della prestazione. Nei casi più gravi, si può arrivare a crampi muscolari, confusione, disorientamento. L’idratazione, quindi, va distribuita prima, durante e dopo lo sforzo.
Per un adulto sano e attivo, la media è di 2-2,5 litri al giorno, ma con l’attività fisica le esigenze salgono. Gli sportivi dovrebbero anticipare la sete, assumendo piccoli sorsi regolari già prima dell’allenamento. Le acque con contenuto equilibrato di sali minerali possono essere utili, specie in caso di esercizi prolungati. Evitare invece di bere tutto in una volta: il corpo assimila meglio quantità ridotte ma frequenti.
L’altro polo critico è rappresentato dagli anziani, spesso con una percezione alterata dello stimolo della sete. Molti bevono meno per timore di andare spesso in bagno o per abitudine. Il rischio è serio: disidratazione cronica, maggiore fragilità, confusione mentale, pressione bassa e rischio cadute. Per gli over 70, la soglia minima consigliata è di 1,5 litri al giorno, anche senza sensazione di sete.
Un’attenzione specifica va riservata agli anziani con patologie croniche, ai quali va garantita una idratazione compatibile con le terapie in corso, specie se assumono diuretici. Anche in questo caso, piccoli sorsi distribuiti nell’arco della giornata risultano più efficaci rispetto a una singola grande assunzione.