Stretta sull’utilizzo della vitamina D, farmaco sospettato di essere usato in modo inappropirato. L’Agenzia italiana del farmaco ha abbassato la soglia sotto la quale si ritiene ci sia una carenza, stringendo i margini per la rimborsabilità a carico del Servizio sanitario nazionale. Per ottenerlo gratuitamente, il valore di questa vitamina nel sangue dovrà essere inferiore a 12 e non più a 20 nanogrammi per millilitro. Da ciò ne consegue che i pazienti con livelli superiori a 12 nanogrammi per millilitro di vitamina D non potranno più richiedere il medicinale gratuitamente. Ma a cosa si deve questa scelta?
La decisione dell’Aifa si è resa necessaria a seguito della pubblicazione di nuove evidenze scientifiche che hanno ulteriormente chiarito il ruolo della vitamina D in assenza di concomitanti condizioni di rischio. Nello specifico, due ampi studi clinici randomizzati, lo studio americano VITAL (LeBoff M et al, NEJM 2022) e lo studio europeo DO-HEALTH (Bischoff-Ferrari HA et al, JAMA 2020), hanno dimostrato che la supplementazione di vitamina D per diversi anni (oltre 5 anni nel primo studio e 3 anni nel secondo) non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi. Questi risultati si sono confermati anche tra i soggetti con livelli più bassi di vitamina d. A questi studi principali si aggiunge la ricca letteratura riguardante l’utilizzo nel Covid-19 che non ha dimostrato alcun beneficio della vitamina D anche in questa condizione.
Come spiegato in un approfondimento pubblicato sul portale del polo ospedaliero Humanitas, la vitamina D è una vitamina liposolubile. Viene quindi accumulata nel fegato e non è dunque necessario assumerla con regolarità, attraverso i cibi. Nello specifico, viene sintetizzata dal corpo attraverso l’assorbimento dei raggi del sole operato dalla pelle, ed è un regolatore del metabolismo del calcio e per questo è utile nell’azione di calcificazione delle ossa. Contribuisce, inoltre, a mantenere nella norma i livelli di calcio e di fosforo nel sangue.
In quali alimenti possiamo trovarla? Si trova, seppur in basse quantità, in alcuni pesci grassi, in latte e derivati, nelle uova, nel fegato e nelle verdure verdi. L’unico alimento che ne è particolarmente ricco è l’olio di fegato di merluzzo.
Come detto, la maggior parte della vitamina D viene recepita dai raggi del sole. Solitamente si verifica una carenza di questa vitamina a seguito di comportamenti che impediscono l’esposizione al sole, come il vestirsi troppo coperti, l’utilizzare protezioni solari troppo elevate o restare al chiuso per lunghe ore. La vitamina D viene “dispersa” anche a causa di comportamenti poco sani come l’abuso di alcol e il consumo di sostanze stupefacenti. Inoltre, l’uso di certi farmaci può influire sulla quantità di vitamina D custodita dal nostro organismo.
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