Ansia e panico sono due nostri “nemici”, soprattutto dal 2020, dopo la pandemia Covid-19. I casi sono in aumento e sono preoccupanti. Ne soffrono le persone di tutte le età: dagli adolescenti (a scuola o in altri contesti di vita), ai tanti lavoratori che, causa mesi di smart working, devono tornare in luoghi affollati e claustrofobici.
Ma che cos’è un attacco di panico e come si manifesta? È l’improvvisa comparsa di ansia e il disturbo di panico, in sostanza, è anche aver paura di futuri attacchi. Perché se è accaduto una volta, non è da escludere appunto che possa risuccedere.
Tutte le persone sperimentano degli attacchi di panico almeno una volta nella vita, ma non tutti naturalmente sviluppano poi un vero e proprio disturbo di panico. La percentuale è bassa, del 2-4% della popolazione generale. I sintomi sono diversi e possono essere sia fisici sia mentali. Arrivano senza preavviso ed è per questo che impauriscono. Ma quanto può durare un attacco? Tipicamente dai 5 ai 20 minuti, ma ci sono casi nei quali possono durare addirittura più di un’ora per la reazione emotiva che amplifica il sintomo.
E sono molteplici: dal sentirsi spaventati e nervosi, ai dolori al petto, passando per un battito cardiaco accelerato, mal di testa, mal di stomaco, vertigini, aumento della sudorazione e “fame d’aria”. Fino alla paura di morire, di perdere il controllo, al senso di stordimento, al senso di irrealtà e di stranezza nella percezione del proprio corpo e senso di confusione. Insomma, un attacco di panico non è da sottovalutare. Anche perché uno dei più angoscianti è spesso la percezione della mancanza d’aria fino alla nausea o alla paralisi muscolare.
Naturalmente, quando tutto questo accade bisogna subito rivolgersi a un professionista esperto in questo tipo di problematica. Che ci possa aiutare ad affrontarli. Come la Terapia cognitivo comportamentale (CBT): aiuta il paziente a cambiare i propri pensieri e le proprie azioni così da poter gestire il panico. Bisogna imparare a conoscere i motivi dell’ansia e non temerli. Il paziente può essere aiutato anche da terapie farmacologiche (ma rivolgetevi sempre ai propri medici): in genere vengono mantenute per circa un anno.
Alcuni pazienti, però, sono recidivi o per fattori predisponenti, genetici e caratteriali (temperamento ansioso) o come conseguenza a eventi stressanti e avversi (lutti). Tutte cause per le quali, magari una seconda fase della terapia, lavorarci su con il proprio medico. Le ricadute, e questa è una buona notizia, sono facilmente identificabili.
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