Nasce il primo registro nazionale per l’amiloidosi cardiaca: ecco di cosa si tratta e tutto ciò che c’è da sapere a riguardo
L’amiloidosi cardiaca è una patologia complessa e ancora poco conosciuta, ma la cui diagnosi sta crescendo rapidamente grazie agli avanzamenti nella ricerca medica e a una maggiore sensibilizzazione tra i professionisti sanitari. Oggi, però, ci sono importanti novità da conoscere. Vediamole insieme.
Svolta in Italia nella lotta all’amiloidosi cardiaca
L’Italia sta compiendo progressi significativi nella diagnosi e nel trattamento dell’amiloidosi cardiaca, patologia un tempo ritenuta rara e in alcuni casi di origine ereditaria, caratterizzata dall’accumulo nel cuore di proteine amiloidi dannose. All’inizio del 2026 sarà avviato il primo registro nazionale, nato dalla collaborazione tra la Società Italiana di Cardiologia (SIC) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Sul versante terapeutico, è stato recentemente introdotto un nuovo stabilizzatore della transtiretina, Acoramidis, e nei prossimi mesi arriverà anche Vutrisiran, un inibitore della sintesi epatica della stessa proteina. Questi farmaci rappresentano un passo avanti rilevante nella gestione clinica della malattia.
Cos’è l’amiloidosi cardiaca e quali sono le sue cause?
L’amiloidosi cardiaca è un gruppo di patologie caratterizzate dalla deposizione anomala di proteine amiloidi nei tessuti, in particolare nel cuore. Le forme genetiche derivano da mutazioni che alterano la struttura delle proteine, mentre le forme non genetiche, come quella senile, sono legate a meccanismi ancora poco chiari ma associati all’invecchiamento. Un aspetto fondamentale è la distinzione tra amiloidosi AL, la più frequente, correlata a disordini come il mieloma multiplo, e forme legate alla proteina transtiretina, che spesso coinvolgono il sistema nervoso causando neuropatie e sindrome del tunnel carpale, quest’ultima considerata un possibile segnale precoce.
Il decorso della malattia può essere subdolo: la progressiva deposizione proteica danneggia le strutture cardiache e altri organi come reni, sistema nervoso e tratto gastrointestinale. I sintomi iniziali sono spesso aspecifici, come affaticamento, perdita di peso e disturbi neurologici, che possono far ritardare la diagnosi. In alcuni casi, la malattia si manifesta improvvisamente con insufficienza cardiaca severa.
Diagnosi precoce e strumenti disponibili
La capacità di riconoscere tempestivamente l’amiloidosi cardiaca è migliorata enormemente negli ultimi anni. Tra i principali strumenti diagnostici, la scintigrafia ossea ha assunto un ruolo chiave come tecnica non invasiva per rilevare la malattia. Inoltre, l’analisi delle catene leggere monoclonali nel sangue consente di identificare forme di amiloidosi AL. Fondamentale è anche la formazione continua di medici di base e specialisti, che rappresentano il primo filtro per individuare i cosiddetti “red flags” come il cuore ingrossato negli anziani o la sindrome del tunnel carpale associata a sintomi cardiaci.
Gli esperti sottolineano l’importanza di una rete nazionale integrata, che consenta un rapido accesso ai centri di riferimento dotati di competenze multidisciplinari. Qui cardiologi, ematologi, neurologi, psicologi, nutrizionisti e genetisti collaborano per una diagnosi precisa e un trattamento personalizzato.
Gestione multidisciplinare e supporto psicologico
La presa in carico del paziente con amiloidosi cardiaca richiede un approccio verticale e orizzontale: il primo assicura un percorso diagnostico-terapeutico completo dal medico di base al centro specialistico, mentre il secondo garantisce un lavoro d’équipe interno con specialisti di diverse discipline. Il ruolo dello psicologo è oggi riconosciuto come essenziale, poiché l’impatto emotivo della malattia, spesso progressiva e invalidante, può condizionare pesantemente la qualità di vita sia dei pazienti che dei loro caregiver.
L’amiloidosi cardiaca rappresenta quindi un esempio di come la sinergia tra innovazione diagnostica, formazione specialistica e organizzazione sanitaria possa trasformare un tempo una malattia poco nota in un disturbo oggi sempre più riconoscibile e gestibile con efficacia.
