La gastrite autoimmune minaccia silenziosamente lo stomaco di migliaia di persone senza sintomi evidenti: ecco cosa succede nel corpo e perché è così difficile da diagnosticare.
Il dolore allo stomaco viene spesso sottovalutato, ma in alcuni casi può essere il primo segnale di qualcosa che il sistema immunitario sta già distruggendo da dentro. È il caso della gastrite autoimmune, una condizione più diffusa di quanto si pensi e ancora poco conosciuta dal grande pubblico. Colpisce lo stomaco in modo subdolo, erodendo le cellule fondamentali per la digestione e assorbimento delle vitamine, lasciando conseguenze anche gravi, spesso senza dare sintomi evidenti per anni.
Che cos’è davvero la gastrite autoimmune
La gastrite autoimmune è una malattia in cui il sistema immunitario attacca le cellule dello stomaco, in particolare quelle che producono acido cloridrico e il fattore intrinseco, una proteina chiave per l’assorbimento della vitamina B12. A spiegarlo è Sara Massironi, gastroenterologa e docente all’Università Vita-Salute San Raffaele. Questo attacco interno porta col tempo alla distruzione delle cellule parietali, causando una condizione chiamata atrofia gastrica.
Le conseguenze più comuni sono l’acloridria (assenza di acido nello stomaco), la malabsorzione del ferro, l’anemia da carenza di B12 e l’ipergastrinemia (livelli elevati di gastrina, un ormone che stimola la secrezione acida). Quest’ultimo squilibrio può provocare nel lungo periodo anche piccoli tumori neuroendocrini (NET) nello stomaco.

La patologia viene spesso confusa con altri disturbi gastrici, perché i sintomi possono essere lievi o assenti per molto tempo. Quando compaiono, possono includere nausea, sazietà precoce, difficoltà digestive e, nei casi più gravi, vomito e dolori cronici. Nei pazienti più avanti nella malattia, si possono manifestare disturbi neurologici come formicolio, debolezza agli arti, fino a danni ai nervi causati dalla carenza prolungata di vitamina B12.
Sintomi subdoli, diagnosi tardiva e controlli costanti
Uno dei problemi principali legati alla gastrite autoimmune è che spesso non presenta segnali immediati. È solo dopo mesi o anni che i pazienti iniziano ad accusare sintomi, spesso attribuiti a stress o alimentazione. La diagnosi, quindi, arriva tardi, quando lo stomaco è già danneggiato.
Gli strumenti per individuarla ci sono: esami del sangue specifici per rilevare anticorpi contro le cellule parietali e il fattore intrinseco, dosaggio della vitamina B12 e soprattutto la gastroscopia con biopsia, necessaria per vedere le alterazioni della mucosa gastrica. Ma non sempre questi esami vengono richiesti in tempo.
Le cause esatte della malattia non sono ancora del tutto chiare. Ciò che si sa è che ci sono fattori genetici e una forte associazione con altre patologie autoimmuni, come il diabete di tipo 1 e la tiroidite di Hashimoto. Chi ha una familiarità con queste malattie dovrebbe fare attenzione a eventuali sintomi gastrici, anche se apparentemente lievi.
Il trattamento non mira a “guarire” la gastrite autoimmune, ma a contenere i danni e prevenire le complicanze. È fondamentale una corretta integrazione di vitamina B12, iniettata per via intramuscolare, perché il corpo non è più in grado di assorbirla per bocca. Vanno evitati i farmaci inibitori della pompa protonica, perché peggiorano l’ipergastrinemia. Nei casi con infezione da Helicobacter pylori, è consigliata l’eradicazione.
Chi ha ricevuto una diagnosi deve sottoporsi a controlli regolari, per monitorare l’evoluzione della malattia e prevenire la formazione di tumori o altre complicanze più serie.